L'inquinamento atmosferico

L'inquinamento atmosferico di cui sta soffrendo la città di Como è un fenomeno di origine varia e di natura molteplice. Lo producono il traffico veicolare privato e pubblico, la macchine operatrici dei cantieri, le industrie ed il riscaldamento domestico; vi contribuiscono il clima e la conformazione del territorio; è costituito da inquinanti gassosi e in polvere, a danno diretto o differito o incerto. La varietà dell'origine e della natura del peggioramento dell'aria urbana non consente analisi frettolose né soluzioni semplicistiche. Come tutti i problemi ambientali, l'inquinamento dell'aria urbana è complesso ed esige soluzioni complesse.

Un primo livello fondamentale è quello della conoscenza. Il sistema di rilevamento attualmente è imperniato su un'area estesa da via Borgovico a Mariano Comense che soltanto chi non conosce la provincia di Como può definire omogenea: vi sono un bacino lacustre, catene di colline, zone edificate e polmoni verdi, un'area protetta, un parco e distretti industriali molto diversi. In tale area, cosiddetta "omogenea", sono dislocati cinque punti di rilevamento che verificano le concentrazioni di inquinanti "tradizionali" (gli stessi elencati nella defunta legge n° 615 del 1966) legati alla combustione. Da qualche mese è stato introdotto un ulteriore parametro (il cosiddetto Pm10) derivato da normative europeo. Il primo passo necessario è una conoscenza più dettagliata e completa del fenomeno. La conformazione della città di Como e della sua tipologia insediativa richiede un numero di centraline fisse molto superiore all'attuale ed un più ampio spettro di sostanze da determinare; a solo titolo di esempio, possiamo indicare, come situazioni da tenere sotto controllo, la zona di confine di Ponte Chiasso, Sagnino, Monte Olimpino, Como Borghi, Camerlata e Prestino, in aggiunta ai punti già esistenti. Dai valori misurati in ogni punto non ci sembra corretto trarre conclusioni generali, come, invece, si può legittimamente fare in un'area geograficamente omogenea come Milano e l'hinterland, quanto, piuttosto, conclusioni più dettagliate che possono dar luogo a provvedimenti differenziati: alla complessità e varietà della realtà si risponde con flessibilità e serietà scientifica, non con la semplificazione della cosiddetta area omogenea di Como, che anche solo come territorio comunale, è un'area fortemente disomogenea. Devono essere inoltre indagati parametri differenti, in aggiunta o in sostituzione di quelli tradizionali (ad esempio eliminando SO 2 , da tempo del tutto sotto controllo): idrocarburi aromatici mono e policiclici, aldeidi, metalli pesanti, iniziando con campagne limitate per verificare sperimentalmente l'entità della particolare contaminazione. Tutto ciò ha un costo, ma ha anche un senso.

Mentre si adeguano gli strumenti di conoscenza, le informazioni già disponibili devono essere prese seriamente in considerazione, da subito. Il principio informatore dell'attività dell'Amministrazione comunale, inoltre, non deve essere quello dell'essere costretto dalla Regione ad adottare provvedimenti restrittivi, ma quello della tutela della popolazione dall'inquinamento (cioè dalle malattie). Il principio pratico da seguire è che non è la concentrazione di inquinante, ma il suo ordine di grandezza a costituire un rischio: la vera differenza non è tra 40 e 50, ma tra 5 e 50. Le informazioni disponibili sulla qualità dell'aria negli anni scorsi e le previsioni meteorologiche, nei limiti esposti sopra ormai abbastanza accurate, permettono ad un'Amministrazione comunale responsabile di adottare provvedimenti preventivi di limitazione dell'inquinamento quando ci si avvicina ai limiti ammessi, in modo da non raggiungerli.

Nell'adozione dei provvedimenti d'urgenza bisogna tener conto della molteplicità delle fonti di inquinamento: va bene limitare temporaneamente il traffico, ma solo incrementando adeguatamente i trasporti pubblici e valutando l'opportunità di imporre limitazioni (e controlli) ad aziende e condomini. E' tuttavia noto come un atteggiamento di sola restrizione e repressione possa indurre reazioni negative capaci di compromettere la collaborazione della cittadinanza. L'amministrazione pubblica deve essere capace di offrire opportunità positive prima di sanzionare.

Si fa riferimento in primo luogo al trasporto pubblico. Una sua estensione e diversificazione è stata ripetutamente e da molti suggerita come risolutiva per liberare le città dalle auto private. Ma nell'emergenza recente non si è vista la capacità di usare al meglio ciò di cui si dispone per i collegamenti urbani e con i paesi della cintura: autobus, e autisti utilizzati al massimo, sperimentazione di nuovi tragitti, noleggio agevolato delle risorse delle società private di autotrasporto turistico, uso urbano delle ferrovie (Fs e FNM), intensificazione delle frequenze per natanti e funicolare, convenzione straordinaria con i tassisti, il tutto accompagnato da agevolazioni tariffarie… Le possibilità sono molte per contraddire la diffusa idea che l'emergenza aria sia solo un'invenzione per mettere in difficoltà la gente.

Il riscaldamento degli edifici non è una componente trascurabile dell'inquinamento dell'aria, sia per la generalità della sua diffusione, sia per la presenza di quote significative di impianti a combustibili liquidi (gasolio, nafta). Il luogo in cui discutere questo argomento c'è stato, è stato il Piano Energetico Comunale; pur nella scarsa incisività della sua parte propositiva, tale piano poteva contribuire a prevenire l'attuale emergenza. Un'indicazione forte in esso contenuta era la diffusione del teleriscaldamento, che porterebbe ad utilizzare calore oggi prodotto e sprecato in inquinamento termico. Questa scelta procede in modi e tempi che non considerano la drammaticità del problema. Altrettanto deve dirsi nei riguardi della riconversione degli impianti a combustibile liquido con impianti a metano (che non va tuttavia considerato un combustibile a impatto zero) e dello sfruttamento del teleriscaldamento e della cogenerazione. Si tratta di scelte attuabili nell'arco di pochi anni, sulla cui mancata attuazione l'Amministrazione comunale dovrà rispondere. Ma altre cose possono essere fatte subito e a costi contenuti: mettere a disposizione dei cittadini, e particolarmente degli amministratori di condominio, un servizio comunale di consulenza qualificata e gratuita per migliorare il funzionamento degli impianti termici e ridurre le dispersioni di calore; concordare con le società interessate forti agevolazioni per l'allacciamento alla rete di teleriscaldamento per renderlo economicamente vantaggioso, il che sarebbe il corretto significato di "carbon tax".

Le imprese industriali, inoltre, non possono essere escluse dai provvedimenti d'emergenza, poiché il loro contributo all'inquinamento atmosferico da combustione ed altri processi industriali è significativo. L'imposizione di funzionare al "minimo tecnico" è prevista dalla normativa sulla qualità dell'aria, e provvedimenti di questo genere meritano di essere considerati per le aziende con centrali termiche a gasolio o combustibili liquidi oltre una certa potenzialità. Anche per le aziende, tuttavia, il Piano Energetico prevede modificazioni strutturali che, nell'arco di qualche anno, sostenute da un adeguato sistema di incentivi, possono essere realizzate, senza pregiudizio per la loro competitività e per la loro capacità di produrre ricchezza e lavoro per la collettività.






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